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Bullismo: perché? I segni ed il dolore

Come Psicoterapeuta sono stata invitata a proporre degli interventi all’interno di diverse conferenze finalizzate a fare un po' di chiarezza sulla tematica del Bullismo, a dare voce ai ragazzi e ad agevolare la comunicazione ed il riconoscimento genitori-figli. Alcune di queste conferenze riportavano all’interno del Titolo due parole: Segni e Dolore. Partiamo innanzitutto dall’analisi di questi due termini.

Che cos’è un Segno? Un segno è la conseguenza visibile di qualcosa che è già accaduto e che rimane impresso sulla pelle diventando visibile agli altri. E, in quanto segno, smaschera un fatto avvenuto in precedenza. Il Bullismo è proprio questo, il segno visibile (cioè il sintomo) di un insieme di modalità disfunzionali di interazione e di comportamento che viene alla luce attraverso l’analisi delle conseguenze (spesso devastanti) che ha prodotto. E’ dunque necessario, per potere prevenire il fenomeno, cercare di comprenderne le cause profonde e riconoscere le sue manifestazioni precoci.

Soffermiamoci ora sulla parola Dolore. Quando si parla di Bullismo viene spontaneo pensare al dolore come conseguenza di questo fenomeno ed associarlo automaticamente alla vittima. In realtà è più complesso di così. Il dolore, e la paura, non sono solo le conseguenze di un atto di bullismo, ma generalmente ne sono anche le cause e possono appartenere alla vittima, ma anche al bullo e più in generale impregnare il contesto nel quale crescono i ragazzi. Infatti quando si parla di dolore ci si riferisce anche al dolore dei genitori (sia della vittima sia del bullo) che possono sperimentare sentimenti di impotenza o di colpevolezza di fronte ad atti di questo tipo ed a quello degli insegnanti e degli educatori che possono trovarsi ai margini di queste dinamiche senza riuscire a riconoscerle precocemente sperimentando così un senso di frustrazione o responsabilizzazione per quanto accaduto.

Ma facciamo un po' di chiarezza. Che cos’è il Bullismo?
Il Bullismo non è una normale situazione di conflitto tra coetanei e non va gestita come tale. Una situazione di conflitto ha sempre ragioni contestuali, le persone implicate non hanno timore di riferire i fatti accaduti e non cercano di nasconderli, sono in grado di esplicitare le ragioni che hanno originato il dissenso ed accettano un tentativo di conciliazione o negoziazione da parte di terzi. Nel Bullismo sono invece presenti comportamenti di prevaricazione perpetuati nel tempo verso una vittima senza che esistano reali motivi apparenti di dissidio, la vessazione avviene all’interno di una relazione asimmetrica tra il bullo e la vittima (la superiorità del prevaricatore dovuta all'età, alla forza fisica, allo status), è presente una incapacità da parte della vittima di contrastare gli attacchi con gli stessi mezzi usati dal bullo ed esiste una intenzionalità a tenere nascosto agli adulti quanto accaduto. Gli atti di bullismo vengono inoltre agiti in maniera intenzionale, ovvero non rappresentano una forma di difesa ma sono piuttosto un tentativo di provocare sofferenza alla vittima che, sentendosi isolata ed esposta, ha tendenzialmente paura a riferire quanto subito.

Come mai è tanto difficile per gli adulti riconoscere le manifestazioni precoci di un atto di Bullismo? La risposta a questa domanda è data dal fatto che il Bullismo è un sintomo adolescenziale che prende forma all’interno della Società dei ragazzi. I ragazzi trascorrono la maggior parte del loro tempo in compagnia dei coetanei acquisendo in questo modo abitudini e gusti comuni che sono fortemente influenzati dalla cultura mediatica (guardano gli stessi programmi tv, giocano ai medesimi videogiochi, vestono nello stesso modo, ascoltano la stessa musica). Questi elementi forniscono ai ragazzi un retroterra comune di riferimenti, codici condivisi e modelli di comportamento (la cosiddetta Cultura dei ragazzi) e facilitano l’aggregazione sociale stabilendo i termini di inclusione o esclusione dal gruppo di riferimento, e definendo lo status di ciascun individuo all’interno della Società dei ragazzi. Date queste premesse per comprendere il fenomeno del Bullismo è dunque poco utile focalizzarsi su un solo soggetto (il bullo o la vittima) perché il Bullismo è un fenomeno sociale, e dunque sistemico, che avviene all’interno di una vera e propria Società.

Come in qualsiasi altra Società anche all’interno della Società dei ragazzi esiste una stratificazione di status (il più forte fisicamente, il più bello, il più simpatico, ecc..) ed i ragazzi fanno gruppo con chi percepiscono più simile a loro escludendo chi percepiscono diverso. Per poter stabilire la loro posizione nella gerarchia sociale i ragazzi si confrontano costantemente l’un l’altro. Il bullo si caratterizza per un abnorme bisogno di autoaffermazione che lo porta a cercare costantemente il confronto-scontro con alcuni coetanei allo scopo di rimarcare la sua superiorità. La legittimazione di ogni competizione passa attraverso un pubblico di spettatori e dunque il bullo ha bisogno di qualcuno che testimoni il suo valore; le nuove tecnologie ed Internet aumentano in maniera esponenziale la visibilità del bullo e sono dunque ampiamente utilizzate. Seguendo questa logica è importante comprendere che il bullo non è, come spesso vorrebbe mostrare lo stereotipo, il ragazzo ai margini della società, indisciplinato con uno status basso che tenta di emergere, ma può invece anche essere un ragazzo socialmente apprezzato, con status elevato che a causa di paure o insicurezze profonde, talvolta inconsce, cerca di mantenere e confermare continuamente la sua posizione attraverso atti di prevaricazione. Questa considerazione chiarisce il motivo per il quale alcune volte sia difficile identificare i bulli e prevenire le vessazioni. Dal momento che il volto che i ragazzi mostrano agli adulti è spesso diverso rispetto a quello che mostrano tra i pari, le uniche persone a sapere cosa succede ed a conoscere le gerarchie di potere presenti all’interno della Società dei ragazzi sono le persone che ne fanno parte, il cosiddetto Gruppo classe. Nella maggior parte dei casi però i ragazzi che compongono il Gruppo classe non denunciano le vessazioni per paura di ritorsioni o per timore di perdere il proprio status e la vittima che le subisce è troppo umiliata e sofferente per parlarne. E’ dunque fondamentale, in un’ottica di prevenzione e trattamento del fenomeno del Bullismo, lavorare su tutto il Gruppo classe piuttosto che sui singoli soggetti coinvolti.

Ma le gerarchie presenti all’interno della Società dei ragazzi da sole non sono sufficienti per giustificare l’insorgere di episodi di Bullismo. Ci sono infatti altre condizioni responsabili dell’emergere del Bullismo e queste sono da ritrovarsi nei messaggi ricevuti dalle figure genitoriali, dalla Scuola e più in generale dai quadri valoriali presenti nella Società più allargata all’interno della quale i ragazzi vivono. I messaggi, impliciti o espliciti, che vengono veicolati dalla Società e che maggiormente influenzano gli episodi di Bullismo sono i messaggi impregnati di individualismo, che innescano negli adolescenti la paura di non essere all’altezza, e quelli che incrementano la paura del diverso, che fomentano il timore di non piacere e di venire rifiutati o esclusi. Queste considerazioni, ancora una volta, sottolineano quanto il Bullismo sia un fenomeno sistemico e quanto sia dunque fondamentale agire su più piani per prevenire e contrastare il fenomeno.

Alcuni consigli utili per la Famiglia

  • Auto-osservazione del proprio comportamento: è innanzitutto fondamentale che i genitori osservino il proprio comportamento (anche nell’utilizzo della tecnologia) in quanto i figli apprendono innanzitutto per imitazione;
  • Non minimizzare mai quanto i propri figli raccontano senza avere timore di ascoltare;
  • Osservare se si manifestano cambiamenti di umore, stile di vita o comportamento dei propri figli;
  • Valorizzare gli aspetti positivi della personalità dei propri figli;
  • Rivolgersi agli Insegnanti se si nutrono dubbi di qualsiasi genere.

Alcuni consigli utili per la Scuola

  • Dal momento che un ambiente scolastico competitivo sembra rafforzare il livello di conflittualità risulta di fondamentale importanza promuovere all’interno delle classi attività che abbiano uno scopo sovraordinato di gruppo per favorire atteggiamenti di cooperazione reciproca;
  • Promuovere azioni mirate a sviluppare un pensiero autoriflessivo che porti i ragazzi a mettersi nei panni dell’altro ed a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni;
  • Educare alla diversità;
  • Osservare le dinamiche sociali di subordinazione presenti all’interno della “Società dei ragazzi”, osservando in particolare il comportamento non verbale degli individui ed il loro linguaggio;
  • Riconoscere il ruolo fondamentale della Scuola non solo nel trasferimento di informazioni, ma anche nella crescita di cittadini;
  • Confrontarsi con i genitori dei ragazzi ogni volta che si nutrono dubbi di qualsiasi genere.

Dott.ssa Erica Giusti
Psicologa Psicoterapeuta a Bologna (BO)

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Iscrizione Albo Psicologi Emilia Romagna, n° 6391 dal 18/03/2010
Diploma di Specializzazione in “Psicoterapia Biosistemica”, Laurea Specialistica in "Psicologia delle Organizzazioni e dei Servizi", Laurea Triennale in "Scienze e Tecniche di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni

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